L’ANSIA PRIMA DELL’EVENTO
- On 13 Ottobre 2022
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Nello scorso articolo ci siamo occupati della paura di parlare in pubblico e di alcune semplici azioni che possiamo compiere per arrivare più preparati e con meno ansia al momento fatidico. Oggi ci concentriamo su quello che possiamo fare per contrastare l’ansia che si manifesta subito prima e durante il discorso. Con “subito prima” intendiamo quel lasso di tempo che trascorre da quando siete arrivati sul luogo del vostro intervento a quando cominciate a parlare. Certo, organizzarsi per arrivare prima riduce l’ansia dovuta agli imprevisti, ma poi vi lascia tempo per pensare e per far viaggiare la mente. E a cosa è probabile che pensiate se siete preoccupati per il discorso che vi accingete a fare? A tutto quello che può andare storto, a quante cose non ricordate, al non sentirvi pronti e alla figuraccia che vi aspetta. Rammentate quando vi dicevano che non si ripete prima dell’interrogazione? È proprio perché in quel momento non serve, non possiamo immagazzinare nuove informazioni se non nella memoria a breve termine e questa memoria non arriva fino al momento della prova che dobbiamo sostenere, l’unica cosa che otteniamo è il senso di frustrazione.
ALLORA COSA POSSIAMO FARE CONCRETAMENTE?
Intanto distogliere la mente da quello che ci aspetta e che dobbiamo dire, magari chiacchierare del più e del meno con qualcuno se non siamo soli, altrimenti immaginare qualcosa di piacevole facendo delle visualizzazioni, cioè chiudendo gli occhi e facendo scorrere delle immagini nella nostra mente, magari riguardanti il nostro hobby preferito o un paesaggio rilassante. Anche sciogliere le eventuali tensioni che sentiamo nei muscoli torna utile, ad esempio roteando il collo o massaggiandoci le spalle.
Nel momento in cui cominciamo a parlare prestiamo attenzione alla respirazione. Se abbiamo il timore che i contenuti possano misteriosamente svanire dalla nostra mente saremo portati a parlare in fretta per non dimenticare, ma questo ha sia l’effetto negativo di farci percepire come insicuri dal nostro uditorio sia quello di lasciarci in breve tempo senza fiato, costringendoci a fermarci in debito di ossigeno nel bel mezzo del discorso e spezzando a metà una frase. Meglio assumere da subito un ritmo regolare, magari esercitandoci già nei minuti prima di cominciare. Tra l’altro concentrarsi sulla pancia che si gonfia e si rilassa distoglie la mente dalle preoccupazioni.
Altro strumento importante e versatile è lo sguardo. Lo sguardo è un importante strumento per attirare l’interesse. La persona su cui il nostro sguardo si sofferma, soprattutto se, come quando parliamo in pubblico, siamo in una posizione di superiorità psicologica, non solo concentrerà su di noi la sua attenzione per non sfigurare dimostrandosi attenta, ma probabilmente ci invierà anche dei segnali di assenso, magari annuendo, in modo che, soddisfatti, possiamo distogliere lo sguardo (a nessuno piace essere fissato negli occhi per molto tempo). Proprio questo feedback ci aiuta a contenere l’ansia, perché inviandoci segnali di assenso è come se il pubblico ci stesse dicendo “va tutto bene, sei bravo, puoi continuare”.
Infine, una risorsa estrema consiste nel causarci un piccolo stimolo doloroso. Il dolore, si sa, è un segnale di pericolo che avverte il cervello di interrompere tutto quello che sta facendo per verificare l’entità del danno. Se non ci fosse il dolore potremmo anche prendere fuoco e non accorgercene se non quando è troppo tardi. Un dolore più contenuto e controllato, invece, richiama sì l’attenzione della mente ma non così tanto da farle interrompere proprio tutto: interrompe solo i processi secondari, quindi proprio le paure infondate che ci distraggono dal nostro discorso, mentre le parole, che sono il compito principale in quel momento, vanno avanti. Il modo più efficace per procurarsi uno stimolo doloroso di questo tipo è conficcarsi l’unghia del pollice nel polpastrello del mignolo sinistro ed esercitare una moderata pressione, naturalmente lontani dagli sguardi del pubblico.
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