
LA COMUNICAZIONE COME RELAZIONE
- On 31 Gennaio 2023
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Una prima riflessione scientifica sulla comunicazione e sui processi comunicativi viene fatta a partire dagli anni ‘40 del secolo scorso. Nel 1949 Claude Shannon e Warren Weaver, ingegneri della telefonia statunitense, elaborarono il modello “informazionale della comunicazione” secondo cui la comunicazione era una mera trasmissione di un messaggio. Il loro modello, anche detto “trasmissivo unidirezionale” prendeva in considerazione una fonte emittente A, un destinatario ricevente B, un segnale, un codice e un canale di trasmissione. L’unica preoccupazione stava nella riduzione del cosiddetto noise (“rumore”) che poteva compromettere la corretta ricezione del messaggio alla quale si rispondeva con la “ridondanza”, ovvero la ripetizione del segnale.
Questo approccio non prendeva minimamente in considerazione l’aspetto umanistico e sociologico della comunicazione ma solo quello tecnico-matematico generando una sovrapposizione concettuale tra i termini comunicazione e informazione che da lì rimarrà per molti anni a seguire. Ci vorranno all’incirca 20 anni per arrivare a teorie che trattano il processo comunicativo come un’attività che ha alla base la “relazione”. Passi avanti erano già stati fatti intorno agli anni ‘50-’60 con l’apporto degli studiosi della lingua, i linguisti, primo fra tutti Roman Jakobson. Egli individua 6 fattori della comunicazione a cui corrispondono 6 funzioni del linguaggio.
- un emittente → funzione emotiva
- un messaggio → funzione poetica
- un destinatario → funzione conativa
- un codice → funzione metalinguistica
- un canale → funzione fàtica
- un contesto → funzione referenziale
Il contributo di Jakobson è stato importante perché ha inserito il tema del contesto, fino ad allora non considerato nel modello trasmissivo unidirezionale. Invece, proprio il contesto, quello che Harold Lasswell – precursore del superamento della teoria informazionale – nella teoria “dell’atto comunicativo” chiamava più esplicitamente “contesto comunicativo”, intendendolo come l’insieme di credenze, valori, personalità, bisogni e conoscenze che caratterizzano emittente e ricevente, diventerà ed è tutt’oggi un aspetto centrale della comunicazione. Passando da diverse rivisitazioni teoriche, si arriva a capire che la comunicazione è un processo costante, continuo e circolare e che i partecipanti al processo comunicativo possono essere al tempo stesso emittenti e riceventi [Newcomb, Schramm].
Gli anni ‘70 del 1900 rappresentano il momento della svolta. Gli studiosi della scuola di Palo Alto in California, infatti, affermano che comunicare significa entrare in relazione con l’altro e anche quando non lo si vuole fare veramente in realtà si sta comunicando. Atteggiamenti quali chiudere bruscamente la porta per evitare un confronto, adirarsi sbattendo un pugno sul tavolo, hanno un significato e valgono come manifestazione di una comunicazione.
Alla fine di questo articolo, vi lasciamo riflettere sui famosissimi “Assiomi della comunicazione umana” di Paul Watzlawick, riassuntivi dei passaggi storici e contenutistici degli studi sulla comunicazione che hanno visto il reale superamento sia dell’aspetto sintattico (quantità e correttezza del messaggio trasmesso), sia di quello semantico (processo di significazione del messaggio), vedendo prevalere quello pragmatico ossia di relazione dei comunicanti.
- Non si può non comunicare
- La comunicazione può essere analogica (linguaggio non verbale) o numerica (codici linguistici)
- Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione
- Tutti gli scambi comunicativi sono simmetrici e complementari
- La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione
foto: immagine di Drazen Zigic su Freepik
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